la prima volta con la scarpetta di venere

di cesare re

La rarità di un fiore e una ricerca quasi involontaria. 

(Nikon D810; Sigma 15 mm 2,8 AFD. Fish Eye). Un bel gruppo di fiori: bellissimi, colorati, gialli e dalla forma inconsueta, ma assolutamente iconica. Una straordinaria occasione fotografica e un momento assolutamente emozionale, gioioso. Uno di quegli attimi per i quali il mio lavoro e il peregrinare per le alpi assume un senso assoluto, dove tutto sembra essere al posto giusto. Si proprio tutto…dopo più di 20 anni di professione trovo la Scarpetta di Venere, senza neanche cercarla. E’ il solito nesso di casualità, la giusta congiunzione “montano-fotografica”. Tutto al posto giusto, dicevo sopra; proprio tutto in effetti, anche il flash e anche le mie numerose ottiche macro. Sono tutte al posto giusto, insomma, non nel mio zaino. Ho solo la Nikon D810 e il Nikkor 24.70 2,8 AFG, ottima ottica, ma certo non proprio l’ideale per fotografare i fiori. Ritengo già un colpo di fortuna aver trovato il soggetto. Inutile che mi lamenti per la mancanza di ottiche macro, flash e treppiede. Mi arrangio come posso, con l’idea, a prescindere dal risultato, di tornare domani, in questo angolo appartato del Parco di Paneveggio – Pale di San Martino, con tutto il necessario per una precisa, lenta e ragionata sessione di macrofotografia. E’, in effetti, quello che farò. Già oggi, però, non desisto dall’idea di scattare con il 24-70. L’emozione e la gioia della “scoperta” si alternano ai soliti ragionamenti tecnici. Tempi, diaframmi e iso diventano “incidenti di percorso”, sovrastati dalle belle sensazioni che questi momenti sanno infondermi, anche dopo anni e anni di immagini dell’arco alpino. Infondo è forse questo il bello della mia professione. A volte ci si muove con uno scopo preciso e con l’idea di fotografare un certo tipo di soggetto, ma poi è la natura che decide quale sarà il focus fotografico della tua giornata. In questo senso, devo dire che le Dolomiti sono piuttosto volubili, nell’estetica del paesaggio, nel meteo e anche nella vegetazione. Il giorno seguente torno sul “luogo di scatto”, con lo zaino pieno di attrezzatura. Questa volta, però, è il tempo che non è proprio incline alla macro fotografia. C’è un vento molto intenso, difficile da domare. Le scarpette di venere ballano una sorta di tip tap, alternato ad un frenetico rock and roll e, a tratti, anche un italico ballo di San Vito. Anche l’uso del flash non è così efficace, per fermare il soggetto. Riesco comunque a ritrarre questi bellissimi fiori, cercando di scattare tra una folata e l’altra. A prescindere dal risultato fotografico, però, quello che rimarrà impresso nella mia memoria è il momento della scoperta, l’attimo in cui ho visto la macchia gialla spiccare dalla vegetazione verde. E’ l’emozione di un momento, per me non molto diverso da un raggio di luce effimero che illumina una cima o dalla fugace vista di un tasso o di un cervo. A volte le emozioni prevalgono anche sulle immagini. 

A causa del vento e della luce molto dura e non potendo usufruire della luce flash, ho scelto di scattare con diaframma  aperto e usufruendo della messa a fuoco selettiva. Nikon D810; 1/640 sec; f/6,3; ISO 100. Mano libera.

Vento e poca luce. Vista la formaparticolare del fiore, decido di riprendere il soggetto dall’alto, quasi in pianta. Nikon D810; focale 55 mm; 1/100 sec; f/8; ISO 100

Il giorno seguente, tra una folata di vento e l’altra. Nikon D810; Nikkor 105 macro, 2,8 AFD; 1/80 sec; f/16; ISO 100; media compensata. Treppiede. Flash SB 800, posto lateralmente, mixando la luce ambiente con quella artificiale. Lo scopo non è quello di modificare la luce del sole, ma di fermare il soggetto, mosso dal vento. 

Nikon D810; Nikkor 24-70 2,8 AFG, foclae 70 mm. 1/125 sec; f/6,3; ISO 100. Un diaframma aperto cosnete di isolare il soggetto dallo sfondo che rimane soffuso. 

Cesare Re fotografa la Scarpetta di Venere, nel Parco Paneveggio – Pale di San Martino. 

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