Sentieri in ossola e valsesia
curiosità fotografiche
di cesare re
La seconda edizione del mio libro “Sentieri in Ossola e Valsesia”
Curiosità fotografiche di SENTIERI in OSSOLA e VALSESIA
ovviamente, c’è anche qualche curiosa elucubrazione personale
Questo mio libro è giunto alla sua seconda edizione. Gli itinerari sono diventati ben 91, con numerose varianti e alternative. Il libro è astato aggiornato, con nuovi itinerari, cartine, tracce GPS e, ovviamente, con molte nuove foto.
Scrivere e illustrare un libro sulla Valsesia e sulla Val d’Ossola, per me, non significa solo raccontare gli itinerari, i dislivelli, i tempi di percorrenza, i lunghi trekking, o le persone e le loro storie. Un mio libro non può fare a meno di descrivere quello che hanno visto i miei occhi lungo i sentieri, i paesaggi e le parti di paesaggio, ovvero tutti quei piccoli particolari che mi piace chiamare “le piccole grandezze della natura”. Infondo posso dire che questa guida illustra, con le immagini, comprenda tutti gli elementi della “fotografia di montagna”. Ci sono immagini di paesaggio, d’acqua, di fiori, di animali, d’architettura tradizionale, persino ritratti di persone che hanno un particolare legame con la montagna e delle quali racconto la storia. Ci sono poi, ovviamente, le descrizioni dettagliate di 91 percorsi.
Raccontare la Valsesia e le Valli dell’Ossola, e i sentieri in Ossola e Valsesia, ha significato molto, per me, soprattutto perchè queste vallate sono lo scrigno dei miei inizi con la montagna, prima, e con la fotografia in montagna, poi. Il tutto, forse e probabilmente, è dovuto al Monte Rosa, al sentimento che mi lega a quella che, per me, non sarà ma solo una massa di roccia e ghiaccio, ma molto di più. Il Rosa si vede dalla mia casa, dalle zone di pianura del Parco del Ticino, dove vivo. Per me è una sorta di faro, una stella cometa che indica la via della montagna. E’ anche una specie di punto d’unione tra l’Ossola e la Valsesia, come se da “lui stesso” si diramassero poi tutte le valli e le cime che originano le altre zone di questo splendido agglomerato di montagne. Tornando a me stesso, alle gite, alle ascensioni ed alle tantissime fotografie che ho scattato negli anni, non posso fare a meno di pensare che ogni attimo impiegato per realizzare questa pubblicazione sia coinciso con momenti di vita diversi, situazioni diverse, macchine fotografiche ed ottiche diverse e articoli diversi, pubblicati su riviste diverse. Tutto, infine, mi ha portato alla realizzazione di questo progetto.
Le uniche due foto scattate per ricordo
Ogni foto, quasi tutte, ha una sua storia, spesso legata a un momento di vita. Infondo, non sono la memoria e il ricordo, il fine ultimo della fotografi. In questo caso, in effetti, lo scopo è diverso e professionale, ovvero l’illustrazione di un progetto fotografico, ovvero di un libro. Un paio di foto pubblicate nel libro, però, sono state scattate prima che iniziassi a intraprendere la professione di fotografo. Solo due? Mi sa proprio di sì. Le due foto che vedete sotto hanno visto la luce con il solo fine di serbare il ricordo di un momento. Tutte le altre sono state scattate per scopi professionali, soprattutto per l’illustrazione di articoli su riviste patinate (cartacee: di questi tempi è opportuno specificare), di libri o durante workshop fotografici di FotoPerCorsi.
La prima delle due foto ricordo. Direi che è un bello scatto, anche se sono sicuramente influnezato dal ricordo personale di un bellissimo momento. Lo scatto è del 1995, credo. Il mio primissimo approccio con il Devero e la visione spelendida del riflesso dei colori autunnali di Codelago. Inutile dire che ho moltissime foto di questo luogo, annche scattate in anni recentissimi, soprattutto durante i miei workshop di fotografia. Questa immagine, però, meritava di essere pubblicata, anche a doppia pagina, tra l’altro. Specifico che non sono stato io a sceglierla. Preparare un libro è un lavoro di gruppo. L’impaginato e la scelta delle foto spetta al grafico, scelto dall’editore. Il lavoro è stato eseguito dalla bravissima Chiara Benedetto di Versante Sud. Codelago o Lago Devero; Minolta X700; Rokkor 28 mm 2,8; Kodak Elite 100. Scansione con Nikon Coolscan V.
Ecco la seconda delle due foto ricordo. Il lago di Camposecco, in Valle Antrona. Dopo circa 900 metri di dislivello in salita, da solo, arrivo alla piccola casupola di lamiera, in riva alle acque del laghetto, sormontato dalle Coronette. La fatica della salita e il dislivello si sono fatti sentire, visto anche il peso del materiale fotografico. Niente di meglio che una pausa di “riflessione alimentare”. Mano nello zaino per recuperare i panini e…ecco, ci sono quasi, tolgo il pile, la borsa fotografica, il treppiede e…nulla, non c’è niente: lo zaino è vuoto, lo ribalto, caccio dentro la testa. E’ vuoto. Un genio! Ho dimenticato il cibo. Lungo la mesta discesa, sempre i suddetti 900 metri di dislivello, mi cibo di bacche e mirtilli, a mo’ di orso, ma evidentemente non basta. E’ un giorno feriale di giugno, non c’è in giro nessuno. Ormai al lago di Campliccioli, attraverso le due gallerie, e quasi al parcheggio inizio ad accusare un forte giramento di testa, totale ipoglicemia, ovvero una fame boia che si manifesta con costanti giramenti di testa. Arrivo all’auto, la mia Uno grigia, ci vedo doppio, apro il bagagliaio e vedo che il cibo non c’è, l’ho proprio lasciato a casa. Devo scendere lungo i tortuosi tornanti, da Campliccioli sino ad Antronapiana, per cercare cibo. Poi, improvvisamente, eccola: una mela. Non è un miraggio. E’ li. Nel baule. Bella, rossa, vecchia e bacata. Bastano un paio di morsi per recuperare quel minimo d’energia. Impressionante. Tra l’altro, mi spiego anche cosa era quel rumore molesto che, da settimane, tambureggiava nel bagagliaio, rombando ad ogni curva, mentre sbatteva nelle pareti del baule. Salvo per una mela, insomma. Come si dice: una mela al giorno… Nikon FE2; Nikkor 24 2,8 AIS; Kodak Elite 100. Scansione con Nikon Coolscan V.
L’attrezzatura fotografica utilizzata per le 256 foto di questo libro
Sono moltissime le foto che illustrano le 448 pagine di questo libro, ben 256, copertina compresa. A parte le due di cui sopra, le foto sono state scattate in diversi anni. La maggior parte tra il 2010 e il 2023. Qualche sporadico scatto è un po’ più datato e ancora in diapositiva. Devo dire che sono passato tardi al digitale…La prima fotocamera digitale che mi dato una certa soddisfazione è stata la D300, anche se la precedente D200 ha iniziato ad insinuarsi nel mio zaino, ma sempre accompagnata da una fotocamera a pellicola, come la Nikon F5 o la Nikon F90x. Per questo progetto, principalmente, sono state usate le seguenti fotocamere: Nikon D800; D810; D850 e Fujifilm XT2 e XT3. Le mirrorless della Fuji sono state utilizzate con il compatto Fujifilm 18-55 2,8 / 4, quando avevo necessità di muovermi con leggerezza assoluta. Questa ottica non è assolutamente una semplice prosumer (ottica da Kit). E’ solido, robusto e di qualità ottica molto elevata. Da usare con il paraluce, soprattutto con il sole in inquadratura. Pecca un pò, nella riduzione del flare, infatti. La maggioranza delle foto, però, è stata scattata con le mie reflex Nikon digitali e con varie ottiche. Il Nikkor 24-70 2,8 AFG è stata l’obiettivo principale, sempre presente nello zaino. Anche il Nikkor 17-35 2,8 AFD è stato utilizzato molto di frequente. E’ un’ottica di qualche anno fa, ma estremamente performante e comoda per vari utilizzi. Mi piace molto la sua ridotta distanza minima di messa a fuoco che consente di scattare immagini interessanti a fiori e rocce, in primo piano, con le montagne sullo sfondo. Per alcuni “ritratti di cime”, ho usato il Nikkor 70-200 4 AFG, più leggero dell’omologo f 2,8 e di qualità comunque elevatissima. Nonostante la presenza dello stabilizzatore l’ho, quasi sempre, agganciato al treppiede, in modo da comporre l’immagine con maggior cura e precisione. Negli anni, ho utilizzato anche il Nikkor 70-200 2,8 AFG e il vecchio, ma sempre valido, Nikkor 80-200 2,8 AFD (il cosiddetto bi-ghiera). In stagione primaverile, oppure, in zone particolarmente ricche di specie floreali, ho usato spesso i miei obiettivi macro, i Nikkor da 60 e 105 mm, acquistati nel 1996 e nel 1998. Sono ancora nel mio corredo, perfettamente funzionanti e performanti. In qualche caso sporadico, ho portato il micro Nikkor 70-180 4,5/5,6, AFD, l’unico zoom veramente macro (e non con funzione macro) prodotto, non solo da Nikon. L’obiettivo è comodo e versatile. Abbinato al 17-35 può costituire un corredo con possibilità super grandangolare (dal 17 mm), grandangolare (24 – 28 mm), normale (o quasi, con il 35 mm) e tele (sino a 180 mm) e, ovviamente, macro, per fotografia di fiori e altro. Si aggiungono poi vari filtri, come polarizzatore, qualche ND e vari accessori e flash, come i Nikon sb600 e 900. Per ultimo, ecco anche un cenno sui teleobiettivi, In qualche zona con particolare presenza di fauna (Oasi Naturalistica Macugnaga, Parco Alta Valsesia, ma anche in Valle Antrona), ho portato il Nikkor 300 AF 4 (vecchio, ma molto performante) e il Nikkor 80-400 4,5/5,6 AFG VRII, ottimo anche per la presenza dello stabilizzatore e non proprio pesantissimo, vista la categoria. Ovvio, spesso, ho usato il treppiede, di varie tipologie, ma soprattutto il mio Gitzo in carbonio, solido e leggero.
Il cielo stellato sopra la parete Est del Monte Rosa, dai pressi dell’Alpe Pedriola, vicino al Rifugio Zamboni – Zappa, uno dei miei luoghi preferiti. E’ l’ultima foto, a doppia pagina, del libro. Mi sembrava il giusto finale. Nikon D810; Nikkor 24-70 2,8 AFG; 20,0 sec; f/5,6; ISO 1000
Alba sulla Punta Gnifetti. Nikon D800; Nikkor 80-200 2,8 AFD; 1/500 sec; f/4,5; ISO 200
Esempio di doppia pagina, aperta, con tabellino, cartina, altimetria e varie. Un itinerario che fa eccezione, al quale fa seguito la descrizione dell’ascensione alla Capanna Margherita e ad alcune delle cime di 4000 metri, i cui itinerari dipartono da questi rifugi. Non sono percorsi di trekking, ma ascensioni alpinistiche. Non potevo, però, non inserirli, in una pubblicazione simile.
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