un punto di vista diverso per fotografare le montagne

di cesare re

sole in cima al monte bianco

Nikon D700; Nikkor 17 – 35; f 2,8; (f 16; 1 / 125; iso 100). La Granta Parei è il soggetto di questo scatto, anche se la presenza degli anemoni in primo piano è molto siginficativa e determinante per l’estetica di questa inquadratura.  

A volte, fotografando le montagne c’è il rischio di scattare immagini scontate, banali o comunque molto convenzionali o simili a quelle della maggior parte dei fotografi. Dando per scontato l’approccio tecnico e, quindi, la conoscenza delle regole del linguaggio fotografico (mi riferisco particolarmente all’inquadratura, alla composizione e al punto preciso dello scatto, la scelta dell’ottica), proviamo a ragionare sulle possibilità di ottenere scatti diversi, non limitandoci ad inquadrature da cartolina, con tutto il rispetto per il genere che continua a raccontare una storia iconografica molto importante, anche oggi nel periodo digitale. Nella foto di apertura, il soggetto è sicuramente la Granta Parei, sullo sfondo. Il punto di messa a fuoco è, però, sul primo piano, sui fiori. In genere, nelle immagini di paesaggio, si tende a mettere a fuoco il primo piano.  

Oltre la “foto da cartolina”

 Cercare qualche scatto diverso, davanti ad uno scenario famoso a una vetta celebre diventa determinate. Intendiamoci…..è importante anche in pianura, o in qualsiasi altro luogo, ma in montagna è ancora più determinate per il semplice fatto che parliamo di un mondo verticale che sembra essere bello e suggestivo di per sé stesso, come se se facesse l’autoscatto. Proprio la questione “autoscatto” è la più importante: se vogliamo ottenere delle immagini interessanti, che comunichino qualche cosa, dobbiamo cercare di andare oltre la concezione di “foto da cartolina”, immagine che non considero e non considererò mai in senso negativo, ma che tende a trasmettere poco il concetto di originalità. Rappresentare il paesaggio, a volte, significa anche cercare di mostrarlo in maniera diversa, più personale, in questo caso, però, rimanendo fedeli al concetto di fotografia di montagna. Arrivati alla meta, un rifugio, un lago, un alpeggio, si è portati a fermarsi e a scattare le relative immagini, magari senza muoversi ulteriormente, neanche di pochi passi. Anni fa, giunto al Rifugio Mezzalama, in Val d’Ayas (Val d’Aosta), mi sono fermato sullo spazio antistante la capanna, per altro chiusa, poiché era fine ottobre. Dopo il “lauto pasto”, classico spuntino al volo,  mi son preso la briga di girare sul retro del rifugio, per vedere un bel gruppo di stambecchi femmine coi cuccioli. Sembra banale, ma un semplice passo in più ha cambiato di molto le mie possibilità fotografiche. Lo stesso ragionamento è applicabile a molti altri casi. A volte è sufficiente camminare qualche minuto in più per trovarsi in un luogo migliore, diverso, e ottenere così foto dello stesso gruppo montuoso, dello stesso soggetto insomma, con una prospettiva un pò diversa, o comunque, meno comune. Sotto due immagini del Civetta (o della Civetta, secondo etimologie diverse) che assumono un aspetto particolare, grazie ad una situazione ambientale diversa, con nubi molto intense e spesse. 

Situazione ambientale

Nei pressi del Passo Valles, tra Trentino e Veneto, ecco il Civetta (foto sopra), uno dei gruppi montuosi dolomitici più fotografati. In questo caso la peculiarità dell’immagine non è il punto di scatto che è piuttosto classico, ma la situazione ambientale con una coltre di nubi intensa e fitta che lascia libera giusto una parte della parete rocciosa, culminante con la vetta. Pubblico entrambe le versioni, colore e bianco e nero, anche se, nel momento dello scatto, l’immagine era stata giù previsualizzata in monocromia. Ovviamente anche scegliere tra colore e bianco e nero comporta una forte caratterizzazione della foto. Lo scatto a colori è stato convertito in bianco e nero, utilizzando Silver Eefex Pro. (Nikon D810; Nikkor 70-200 AFG; f4; iso 200; f 9; 1/400).

Conoscenza dei luoghi

Nel 2015 il Cervino (sopra) era illuminato, quasi a giorno, per i festeggiamenti per il 150 anniversario della prima salita. Preferendo i soggetti naturali, o comunque un Cervino meno artificioso, mi ero ripromesso di non fotografarlo in quel periodo, un ragionamento ascetico, quasi da purista. Il proposito, purtroppo non è durato molto, a causa delle numerosissime foto che apparivano su facebook. Belle, interessanti, ma tutte scattate, più o meno, dagli stessi posti, a parte un paio di lodevoli eccezioni. Conoscendo molto bene la valle e i luoghi per fotografare il Cervino, mi è venuto in mente uno scorcio particolare, a mezza valle (Valtournenche), un luogo diverso per ottenere una foto originale che potesse essere diversa e distinguersi dalle molte che avevo visto pubblicate sui social. Non che io sia o mia senta più bravo degli altri, ma semplicemente conoscevo un luogo meno convenzionale per scattare. A volte conoscere bene i luoghi può fare la differenza. Al freddo, nella neve, dopo una breve camminata raggiungo il luogo, sistemo il cavalletto e scatto alcune immagini con la Nikon D800 e il 70 – 200 2,8 afs, con focale vicina alla massima, vista la distanza dal “Nobile Scoglio”. Tra le foto scattate in questa sessione, ho scelto quella che vedete in questa pagina. (iso 800; f 4,5; 8 secondi). 

Meteo avverso o diverso

Oltre alle nubi, sopra il Civetta, interessane anche una situazione come questa, con il Sella (sopra) al tramonto, ma con un cielo scuro e violaceo che annuncia l’arrivo di un temporale. Momenti particolari, ma anche pericolosi. Attenzione! Se avete un cavalletto in carbonio…Attira i fulmini. Non vi dico di abbandonarlo, con quello che costa, ma ripiegatelo e assicuratevi di non essere “la cosa” più altra in zona. (Nikon D810; Nikkor 24-70 AFG 2,8; 1/200 sec; f/8; ISO 320; treppiede; misurazione spot sulla rocca del sella). Senza considerare casi così peculiari ed estremi, e anche rari, a volte è sufficiente che ci sia un cielo nuvoloso o un alternarsi di sole e nubi, per rendere il soggetto diverso dal consueto. Ogni fotografo, infondo, ha una sorta di spirito fanciullesco, più o meno latente che gli fa apprezzare, sempre e comunque, i colori dell’arcobaleno, a proposito di situazioni diverse e poco consuete.  

Se ti interessa l’arcobaleno, fai un giro qui: La Magia di un arcobaleno 

 

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